Di Carla Sale Musio

“L’uomo è l’animale più ammalato sulla terra; nessun altro animale ha violato così tanto le leggi dell’alimentazione quanto l’uomo; nessun altro animale mangia scorrettamente quanto l’uomo.” 
Arnold Ehret

Ci hanno insegnato che per vivere bene e in salute è necessario nutrirsi in modo equilibrato, sano e regolare ma, se osserviamo il nostro stile di vita, vediamo che l’alimentazione oggi non è più uno strumento al servizio della sopravvivenza.

Mangiare è diventato:

  • un’opportunità per incontrarsi,

  • un modo per allentare le tensioni,

  • l’occasione per fare festa,

  • un antidepressivo,

  • il momento in cui raccontare e raccontarsi,

  • un tempo dedicato a se stessi,

  • una pausa che permette di riordinare le idee e di riflettere,

  • un mezzo per scambiare l’affetto…

Insomma, si mangia per tante ragioni diverse e tutte molto distanti dalla necessità di mantenersi sani.



Ben lontano dai bisogni legati alla sussistenza, il cibo è soprattutto un’esigenza culturale, sociale, economica e commerciale, talmente importante da condizionare tutta l’organizzazione delle nostre giornate. 

Parliamo di alimenti quasi continuamente… per raccontarci cosa abbiamo mangiato, per scambiarci le ricette, per condividere i gusti, le avversioni o le preferenze, per informarci sui luoghi dove si può assaggiare questo o quello, per programmare incontri e riunioni di ogni tipo…

Portare qualcosa alla bocca è diventata una compulsione, un comportamento stereotipato e insopprimibile agito in maniera istintiva, automatica e ripetitiva nel tentativo di placare l’ansia che lo sottende.

E naturalmente più mangiamo più aumenta la necessità di mangiare.

E più il mercato alimentare ci mette a disposizione golosità e occasioni sempre nuove per riempirci lo stomaco.

Così, se un tempo tre pasti al giorno erano un privilegio riservato a pochi, oggi la quantità di spuntini, merende, snack, stuzzichini e rompi digiuno a disposizione di chiunque, ha fatto lievitare le occasioni per sbocconcellare qualcosa, col risultato di renderci vittime di una fame coattiva e patologica.

Grazie all’offerta esagerata e a alla sollecitazione continua, la nutrizione si è trasformata in una droga, legale e a buon mercato, al servizio di interessi economici sempre più consistenti.

Oggi la fame non indica più il bisogno di mantenere in vita il corpo ma è la conseguenza di un’eccessiva stimolazione dei centri nervosi, che segnalano forzatamente all’organismo la mancanza di nutrienti e la necessità compulsiva (e perciò mai soddisfatta) di procurarsi gli alimenti necessari alla sopravvivenza.

Quello che mangiamo, infatti, lungi dall’essere sano e nutriente, è quasi sempre un concentrato di sostanze tossiche che ne permettono la conservazione garantendone la praticità a discapito della qualità.

L’involucro curato, le immagini colorate e suggestive, le didascalie invitanti stampate sulle scatole dei prodotti, ci raccontano una realtà fittizia, molto diversa dal contenuto che acquistiamo e che mettiamo nel nostro stomaco.

Siamo vittime di una fame insaziabile, indotta con abilità dalle pubblicità e dai mass media, e funzionale al soddisfacimento dei profitti delle multinazionali alimentari e delle case farmaceutiche.

Ciò che trangugiamo continuamente, convinti di mantenerci in buona salute, purtroppo non riguarda più le sostanze necessarie a conservare sano il corpo ma interessa i centri della dipendenza e dell’assuefazione.  

Ingerire alimenti senza mai sfamarsi realmente è una patologia nascosta da cui hanno origine tante altre gravi malattie che sono la conseguenza di una frenetica e pericolosa bulimia sociale.



Mangiare è diventata un’abitudine dannosa che ci allontana sempre di più dall’ascolto del nostro organismo e delle sue reali necessità.

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DROGHE LEGALI

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Chiamiamo droghe, tutte le sostanze che avvelenano il corpo causando dipendenza.

E, a ben guardare, la maggior parte degli alimenti in commercio possiede i requisiti necessari per essere annoverata proprio tra questo tipo di sostanze.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce sostanze stupefacenti le sostanze che provocano nell’organismo:

  • tolleranza, cioè la capacità  di sopportarne la tossicità in dosi gradualmente sempre più elevate

  • assuefazione, cioè il degradare dell’effetto, fisico e psichico, e la conseguente necessità di aumentarne costantemente le dosi

  • dipendenza, cioè la necessità di introdurre costantemente tali sostanze per evitare crisi di astinenza

Le forme di dipendenza si suddividono inoltre in:

  • dipendenza fisica che riguarda le alterazioni del funzionamento biologico

  • dipendenza psichica che riguarda le alterazioni dello stato psichico e comportamentale

Basta osservare il nostro modo di sgranocchiare qualcosa in continuazione, per renderci conto che quasi tutti gli alimenti che consumiamo abitualmente soddisfano questi requisiti.

Cioè scatenano nel corpo e nella mente la necessità di consumarne in quantità sempre maggiori, sopportandone la tossicità, e aumentandone progressivamente le dosi per evitare di andare incontro a crisi di astinenza.

Crisi che si producono inevitabilmente nel momento in cui proviamo anche soltanto a pensare di limitarne il consumo!

Proprio come ogni altra droga, il cibo modifica la percezione della realtà, causa dipendenza e assuefazione ma, soprattutto, genera una serie infinita di problemi legati all’abuso che se ne fa e alla conseguente sovralimentazione, la vera origine di tante terribili malattie che tormentano questo nostro periodo storico.

Per vivere bene e in salute basterebbero pochissimi nutrimenti, semplici e privi di elaborazione.

Il mondo animale ci insegna che mangiare ogni tanto poche cose e di un solo tipo alla volta, consente di vivere a lungo e in buona salute.

Tra le altre specie, infatti, non esistono le patologie che affliggono gli esseri umani (e i loro animali di affezione).

Un’abile e scaltra manipolazione delle informazioni, però, ci spinge a credere che le nostre necessità di mangiare  siano notevolmente superiori alle reali esigenze del corpo.

Questa pericolosa ipnosi di massa, innesca i meccanismi dell’assuefazione e della dipendenza creando una giustificazione incrollabile ai bisogni (indotti) della sovralimentazione di cui siamo vittime.

Così, spinti da un desiderio provocato ad arte, ci preoccupiamo del sapore molto più che della qualità e delle effettive necessità dell’organismo, mangiamo troppo e male, mentre le sostanze, che ingoiamo compulsivamente, non ci nutrono e ci lasciano cronicamente affamati e insoddisfatti.

Nascono in questo modo, tante patologie fisiche e psichiche, conseguenza dell’intossicazione alimentare occultata dietro l’affermazione innegabile: “Mangiare è necessario per vivere”.

Ma è proprio vero?

Si mangia per vivere o siamo stati programmati per mangiare?

Nella specie umana sembra che il cibo sia diventato l’unica ragione di vita, senza la quale l’esistenza si ridurrebbe a una terribile crisi di astinenza.

Talmente intensa da condurre in breve tempo alla morte.

Siamo vittime di una droga lecita e facilmente reperibile dappertutto, che ci solletica con varietà e sapori sempre nuovi per tenerci incatenati dentro un invisibile schiavismo alimentare.



Liberarsi da questa dipendenza è un’impresa difficilissima e spesso impossibile.

Chi prova a ridurre la quantità degli alimenti deve misurarsi con gravi crisi di astinenza, devastanti dal punto di vista fisico e soprattutto psichico.

Siamo costantemente bombardati di messaggi mirati a sostenere l’imprescindibile necessità di riempirci lo stomaco in continuazione, variando il più possibile gli alimenti e quindi ingurgitando enormi quantità di sostanze nocive.

Viviamo intrappolati dentro una cultura volta a sostenere l’importanza di una nutrizione abbondante, ricca e variata, e finalizzata a mantenerci vittime di alimenti sempre più narcotizzanti e dannosi.

Per superare questa tossicodipendenza alimentare è indispensabile liberarsi dal dogma che “mangiare è necessario per vivere” e prendere coscienza della manipolazione commerciale fatta a spese della nostra salute.

Ognuno deve compiere da solo i passi necessari alla propria disintossicazione, assecondando e sostenendo la saggezza interiore (troppo spesso occultata dai morsi incalzanti delle astinenze e della bulimia) senza deresponsabilizzarsi delegando ad altri la gestione della propria vita ma riappropriandosi del diritto a condurre un’esistenza sana e piena di energia.

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MA ALLORA COSA SI DEVE FARE?

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Per vincere la dipendenza dal cibo è fondamentale:

  • osservare con attenzione il proprio modo di mangiare

  • intervenire per modificarlo come se si trattasse di una tossicodipendenza

  • prevedere e gestire le inevitabili crisi e il boicottaggio che la scimmia della dipendenza scatena nella mente e nel corpo quando si cerca, anche solo per un momento, di programmare una riduzione

  • monitorare i pensieri che imbrogliano continuamente la coscienza per giustificare e permettere la bulimia e la compulsione alimentare.

E’ indispensabile agire con determinazione ma con gradualità:

  • individuando le fonti di informazione attendibili e non strumentalizzate da interessi economici

  • imparando a sostituire le sostanze tossiche con altre, meno tossiche e progressivamente sempre più sane

  • aggirando le problematiche dell’astinenza con cibi/metadone opportunamente preparati per gestire i momenti critici

  • ripristinando progressivamente le condizioni necessarie al benessere naturale e alla salute del corpo.

Mangiare poco e in modo semplice e sano è l’obiettivo di una riconquistata libertà alimentare che ripristini il piacere di vivere in armonia con il creato e con i suoi ritmi, riportando il senso del gusto nelle giuste proporzioni.

Non si vive per mangiare e non si mangia per vivere.

Si mangia perché è bello assaporare qualcosa riconoscendo alla natura il valore dei suoi doni e della semplicità.

Ed è bello solamente quando non se ne diventa schiavi.