sabato 12 maggio 2012

DISOBBEDIRE,BOICOTTARE,EVADERE,ELUDERE


di LEONARDO FACCO
Ieri, abbiamo letto di uno stillicidio di azioni contro Equitalia, ormai identificata come un predone-legalizzato che entra in casa per ridurci sul lastrico. Sempre ieri, il capo in testa di questa organizzazione di stampo gabelloso, ha perso un’altra occasione per tacere, onde evitare di pronunciare le solite corbellerie in materia di tasse. Macché! Prima, ha chiesto di silenziare i media che riportano le notizie relative ai “suicidi economici”. Poi, ha calcato la mano sostenendo che non è colpa di Equitalia se “Fogna-Italia” è in crisi, il che è anche vero; ma se avesse avuto un po’ di quel buon gusto che non gli appartiene avrebbe dovuto rimarcare che le colpe della recessione sono dei suoi “datori di lavoro” (da Visco in poi), che per farsi belli di fronte alla pubblica opinione han cominciato prima a sparare ad alzo zero contro “l’evasione fiscale” e, successivamente, gli han dato un bazooka in mano per cercare di portare a casa un po’ di grana, taglieggiando chi produce come farebbe un usuraio qualsiasi.
Ancora ieri, Enrico Zanetti – direttore di Eutekene.info – ha scritto quanto segue sul quotidiano “linkiesta.it”:
1- Dal raffronto del DEF (Documento Economico Finanziario) 2011 con quello 2012, emerge con chiarezza come lo sforzo di riequilibrio dei conti pubblici, attuato con le quattro manovre del secondo semestre 2011, è stato in concreto scaricato per il 79,42% sui cittadini contribuenti e pensionati, per il 19,88% sulle Regioni e gli enti locali, per lo 0,7% sullo Stato;
2- A fronte di ciò, il processo di eliminazione, ridimensionamento e accorpamento di enti e uffici pubblici è stato impalpabile, né un solo posto di lavoro nel settore pubblico è stato messo in discussione.
3-La retorica delle tasse e dell’evasore parassita della società si sta sciogliendo come neve all’avvicinarsi del sole: le scadenze dell’IMU e l’aumento dell’IVA saranno vere e proprie “botte finali” di un processo di incremento della pressione fiscale assolutamente irresponsabile.
4-Il processo di scollamento sociale tra “pagatori di tasse” e “consumatori di tasse”, già in atto dal 2006, deflagrerà definitivamente, allontanando in modo irreversibile una ricostruzione del sistema politico fondato su una prospettiva radicalmente riformista, a favore di scenari imprevedibili e incontrollabili.
Chi mi conosce sa bene che i concetti espressi nei primi tre punti li ho sostenuti, e ribaditi, fino alla noia, chiudendo spesso ogni ragionamento con una battuta tanto semplice quanto efficacie: “Le tasse sono un furto”!
Sul quarto punto, invece, Zanetti apre ad una importante riflessione che chiunque abbia in uggia questo Stato criminale – indipendentisti compresi – non può svicolare, soprattutto in questi tempi in cui si annusa aria di “rivolta fiscale”. Che la ribellione contro le imposte sia una costante nella storia universale della libertà lo hanno scritto decine di grandi pensatori liberali. Essa è motore di coesione sociale tra gli oppressi, è la miccia per far emergere la coscienza di classe dei “moderati e produttivi”. Ciononostante, i ribelli non possono, e non devono, scadere nel populismo! Ha ragione da vendere Zanetti quando sostiene “che lo scollamento sociale […] deflagrerà […] a favore di scenari imprevedibili e incontrollabili”. Il che non è sempre un male, ma lo diventerebbe se permettessimo che le sacrosante istanze anti-fiscali vengano monopolizzate da quelle bande di nullafacenti e mantenuti che frequentano i centri sociali e che si fanno chiamare anarchici.
Non credo di essere sospettabile quale difensore di Equitalia. Ciononostante, quando le tv danno risalto a quelli che inviano bombette in formato lettera ai sottoposti di Befera (ricordate la FAI, la stessa che ha gambizzato Adinolfi?) o quando la rissa “leoncavallina” con la polizia di ieri a Napoli viene paragonata ad altre azioni di protesta genuina, il rischio che si corre è quello di essere tutti equiparati a quella risma di contestatori da strapazzo che fanno il gioco dello Stato e del suo sistema repressivo.
Comprendo, ma non condivido, il sentimento di gioia di chi – a prescindere – gioisce quando un satrapo delle Entrate passa un guaio. Ritengo, per converso, che è in altro modo che si devono combattere queste battaglie, se le si vuole vincere. Lasciatemi riprendere le parole di Thoreau, che è un padre della lotta allo Stato e al potere, oltreché emblema della disubbidienza civile e della resistenza fiscale: “Se mille uomini non pagassero quest’anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle, e permettere allo Stato di commettere violenza e di versare del sangue innocente. Questa è, di fatto, la definizione di una rivoluzione pacifica, se una simile rivoluzione è possibile. Se l’esattore delle tasse, od ogni altro pubblico ufficiale, mi chiede, come uno ha fatto, ‘Ma cosa devo fare?’, la mia risposta è: ‘Se vuoi davvero fare qualcosa, rassegna le dimissioni’. Quando il suddito si è rifiutato di obbedire, e l’ufficiale ha rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico, allora la rivoluzione è compiuta”.
Disubbidire, resistere, boicottare, evadere, eludere, contravvenire, obiettare. Ognuno di noi (o tutti noi insieme, come potrebbe accadere dopo la convention di Jesolo) ha a disposizione una gamma di soluzioni da adottare per ignorare lo Stato e non obbedire. Lo si può fare in modo esplicito, lo si può fare autodenunciandosi, lo si può fare operando da guastatori, ciò che conta è farlo, in modo da togliere al pescecane-Stato l’acqua in cui nuota e tiranneggia. Ad una condizione: senza tirare il sasso per poi nascondere la mano, come fanno certi vigliacchi.
Lo si può fare – e la storia è zeppa di esempi – anche ricorrendo alla violenza come legittima difesa, considerato che “esula dai doveri dell’uomo farsi ridurre in schiavitù”, come aspirano a fare Monti ed i suoi aguzzini. Ciò che si deve evitare è passare dalla parte del torto. Meglio un forcone in mano, stando sulla soglia della propria porta di casa, che una lettera bomba, che alla fine esploderebbe in mano a noi, che abbiamo ragioni da vendere per dire “Basta Stato, basta tasse, basta Italia”!